Sale di giorno in giorno nel Lazio e in tutta Italia il numero dei contagiati dal virus Chikungunya: oggi il bollettino serale del Servizio regionale di sorveglianza malattie infettive laziale ha segnato quota 64. Di questi, la stragrande maggioranza, 54, risiedono o hanno soggiornato ad Anzio, la città del litorale sud di Roma dove è stato individuato un focolaio; sette casi sono stati registrati a Roma, tre a Latina. Ma vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.
Cos’è la chikungunya
La parola chikungunya deriva dal makonde, una lingua usata da un gruppo etnico nel sud-est della Tanzania e nel nord del Mozambico, e letteralmente significa “che piega” o “che contorce”. Il termine fu utilizzato per definire la malattia durante un’epidemia in Tanzania nei primi anni Cinquanta: un sintomo ricorrente sono i forti dolori alle articolazioni che ne limitano i movimenti, al punto da spingere i pazienti a restare immobili in scomode posizioni per compensare un minimo il dolore. I primi casi di chikungunya in Italia furono registrati nell’estate del 2007 in Emilia-Romagna, con un’epidemia che portò ad almeno 130 infezioni. Il virus era stato trasmesso principalmente dalla zanzara tigre (Aedes albopictus), con esemplari che avevano morso persone infette e avevano poi trasferito il virus mordendone altre fino ad allora sane.
La Chikungunya (CHIK) è una malattia febbrile acuta virale, epidemica, trasmessa dalla puntura di zanzare infette. Il virus nelle epidemie urbane è trasmesso da zanzare della specie Aedes aegypti, la stessa che trasmette la febbre gialla e la dengue. Il periodo di incubazione della malattia è di 2-4 giorni circa. Nella prima fase, che dura dai 6 ai 10 giorni, si hanno febbre, cefalea e importanti artralgie, che limitano molto i movimenti: i pazienti tendono a rimanere assolutamente immobili. La febbre si risolve dopo 4 giorni. La seconda fase di 2-3 giorni è caratterizzata dalla comparsa di un esantema maculopapulare pruriginoso su tutto il corpo e dalla ricomparsa della febbre.
Diffusione della malattia
Il direttore del dipartimento di Malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, Giovanni Rezza, ha spiegato che: «Quando ci sono dei focolai abbastanza maturi come quello di Anzio è possibile che ci siano diffusioni in altre zone, una situazione abbastanza prevista come quella che si verificò dieci anni fa in Romagna, con la segnalazione di alcuni casi a Bologna, alcuni a Ravenna e Rimini. Gli interventi in atto, a partire dalla disinfestazione, in associazione anche al termine della stagione calda pongono le condizioni per il controllo dei focolai esistenti dell’infezione».
Dobbiamo preoccuparci ? “No”, risponde deciso il professor Pierangelo Clerici, presidente dell’Associazione microbiologi italiani e direttore dell’unita operativa di microbiologia dell’Azienda sanitaria di Legnano e Magenta. “La malattia è autolimitante, guarisce cioè da sola, e non è delle più gravi. L’ipotesi è che una persona sia stata infettata all’estero e che, tornata in Italia, sia stata punta da una zanzara autoctona. Potrebbe non essersi nemmeno accorta di avere la Chikungunya, perché i sintomi non sono specifici. Lo stesso insetto, poi, ha punto una o più persone ad Anzio. La sospensione delle trasfusioni per 28 giorni e le disinfestazioni dovrebbero essere sufficienti a bloccare la diffusione dell’infezione. Il rischio di decessi è bassissimo. I soggetti che devono stare più attenti sono gli immunodepressi”.
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